domenica 27 gennaio 2008

Recensione The Mary Onettes - "The Mary Onettes" (2007)

Colgo al volo l'invito di Sir Steven per recensire l'album di debutto di questo gruppo svedese....Innamorati degli anni'80, sfornano un disco godibilissimo e personale.....La Svezia sforna sempre ottimi gruppi (Vedi i Mando Diao).....


THE MARY ONETTES
The Mary Onettes
(Labrador) 2007
new wave, alt-pop

Qualora questo album fosse uscito nel 1983, si sarebbero potute verificare due situazioni: “The Mary Onettes” si sarebbe perso nel dimenticatoio, confuso nel calderone delle centinaia di produzioni new wave che impazzavano in quel periodo, oppure (ed è una possibilità che ci sentiamo di sposare) oggi saremmo ancora a parlare dei The Mary Onettes come di una band di culto degli anni Ottanta, con i suoi hit e il suo seguito di fedeli appassionati, al fianco di gruppi quali The Cure, Echo & The Bunnymen e Jesus & Mary Chain. Il fatto incontrovertibile, però, è che l’esordio discografico di questa band proveniente da un piccolo paesino del nord della Svezia, avvenuto per la sempre attenta Labrador, è targato 2007. E, a questo punto, sorge piuttosto spontaneo chiedersi se il ripescaggio e la rielaborazione in maniera così massiccia e a volte pedissequa di sonorità tanto datate e, tra l’altro, ormai già ampiamente rivisitate, abbia, oggi, sul finire del primo decennio del nuovo millennio, ancora un senso e una qualche valenza. Perché l’omonimo album dei The Mary Onettes, uscito intorno alla metà del 2007 in Europa e proposto negli Stati Uniti solo verso la fine dell’anno, è proprio questo: un frullato dei suoni che hanno accompagnato la pubertà e l’adolescenza di coloro che sono nati tra la metà degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta. Le chitarre sognanti e cristalline, le tastierone registrate a tutto volume, il basso pesante e suonato con il plettro, le voci profonde, tutto in questo album rimanda a un passato, ormai neanche troppo prossimo, popolato da video al rallentatore, immagini in bianco e nero, musicisti bistrati e “oscuri”, romantici hit radiofonici. Ciò detto, in ogni caso, bisogna riconoscere alla band svedese un’ottima capacità compositiva e un’attitudine a suonare tanto anni Ottanta, ma così tanto anni Ottanta da non assomigliare in maniera calligrafica a una specifica band dell’epoca. Se i New Order di “Regret” possono venire in mente piuttosto spesso (“Pleasure Songs”) o i Cure di “Just Like Heaven” (l’intro di “Lost”, “The Laughter”) sono un riferimento chiarissimo, non mancano brani (“Henry”) dove, invece, è il suono più pop dell’epoca a farla da padrone ed il paragone con gli A-Ha più sognanti non è azzardato. Altrove, addirittura, non è difficile il rimando ai Jesus & Mary Chain di “Just Like Honey” (“Explosion” potrebbe esserne quasi una cover) e affiorano spesso echi di band meno oscure e più romantiche come The Church. L’ascolto dell’album, alla fine, risulta, per gli appassionati di questo sound, assolutamente piacevole, grazie anche alla solidità di alcuni brani (i singoli “Lost” e “Void” su tutte) che non sfigurerebbero affatto al fianco dei loro “fratelli maggiori”. E, probabilmente, era proprio questo il risultato che i quattro giovani svedesi si proponevano di raggiungere, al di là di ogni oziosa ipotesi storicistica o quesito culturale o di costume. Una menzione particolare va fatta dello splendido libretto che accompagna il cd, anch’esso squisitamente in chiave eighties.

VOTO: 7,5

P.S. Recensione tratta da Ondarock.it

1 commento:

Corvotorvo ha detto...

a Elfo... ce le cali sempre... sei un matto.